“Trent’anni fa credevi che avresti guidato una macchina giapponese?”
Recitava più o meno così qualche tempo fa la pubblicità di una birra giapponese in un paese anglosassone. I giapponesi, quando si applicano con metodo e costanza, ottengono spesso ottimi risultati, anche in campi che non sono propri della loro tradizione, siano essi l’industria automobilistica, quella elettronica o la produzione di bevande alcoliche.
Quando si pensa al vino giapponese probabilmente la prima cosa che viene in mente è il sake, spesso definito impropriamente vino di riso. Eppure, da quando i whisky giapponesi hanno incominciato a classificarsi ai primissimi posti nelle competizioni internazionali, non c’è bar che non abbia in bella mostra qualche bottiglia di single malt nipponico. Oltre al whisky e alla birra, i giapponesi sono anche produttori di vino.
Le quantità sono ancora esigue, ma l’interesse internazionale è in costante crescita e qualche bottiglia incomincia anche ad essere esportata.
I giapponesi sono analitici, meticolosi e terribilmente ostinati. Osservano, studiano e si applicano, anche cercando nuove strade per migliorare. Anche col vino sta andando così, e qualitativamente i vini giapponesi sono molto promettenti.
I giapponesi inoltre negli ultimi decenni hanno sviluppato palato e passione per il vino che sta contendendo spazi alla birra come bevanda alcolica da pasto. Gran parte del vino in vendita in Giappone viene ancora dal vecchio e nuovo mondo. È però in forte crescita l’interesse per la produzione locale.
Denominazione
Vino Nazionale VS Vino Giapponese
Il sistema di denominazione nazionale è ancora piuttosto generico e vago.
Fino al 2015 si etichettava il vino come “Prodotto in Giappone” purché fosse fermentato sul territorio nazionale. Questo comprendeva sia il vino fatto con uve coltivate in Giappone che quello prodotto con succhi e mosti concentrati di importazione.
Dal 2015 la legislazione è cambiata. Ora sono previste due denominazioni:
- Vino Nazionale (国産ワイン – kokusanwain): vino prodotto in territorio giapponese anche con materia prima (uva, succo, mosto) di importazione.
- Vino Giapponese (日本ワイン – nihonwain): vino prodotto in territorio giapponese esclusivamente con uve coltivate in Giappone.
Denominazioni regionali ancora non esistono. Considerando il crescente successo, province e associazioni di produttori si stanno però organizzando per stabilire aree di interesse vitivinicolo con la prospettiva di creare zone a denominazione tutelata sul modello europeo.
Le Zone Vitivinicole Giapponesi
Il tipico clima giapponese è quanto di peggio ci sia per la vite. Caldo umido con abbondanti piogge a carattere monsonico tra estate e primavera e violenti tifoni tra agosto e settembre, proprio a ridosso della vendemmia.
Detto questo è anche vero che l’arcipelago giapponese ha un’ampia estensione da nord a sud. Da Hokkaido, l’isola più a nord non troppo lontana dalla Siberia, a Okinawa, a latitudini tropicali.
È quindi comunque possibile trovare zone con altitudini e latitudini sufficientemente fresche e ventilate, e terreni dove la vite possa crescere per la vinificazione.
Vite e vino si producono un po’ in tutto il Giappone centrale e in Hokkaido, anche se circa un terzo della produzione avviene nella prefettura di Yamanashi, a ovest di Tokyo. Il nome del principale vitigno giapponese, il Koshu, è in realtà il nome della città di Yamanashi nei pressi della quale storicamente si è sviluppata la viticoltura in Giappone.
Nel 2015 le cantine giapponesi erano 280. Nel 2018 sono diventate 331.
Vitigni Giapponesi
Kōshū 甲州
Il vitigno autoctono giapponese è il koshu.
A piena maturazione il grappolo ha un delicato ed elegante colore rosa che ricorda i sakura, i celebri fiori di ciliegio della cultura nipponica.
L’analisi genetica ha rivelato che si tratta proprio di vitis vinifera, imparentata con i ceppi del Caucaso, tra i più antichi della vite domestica.
È però presenta anche DNA di viti selvatiche asiatiche con cui la specie si è ibridata nel corso dei secoli nel lungo viaggio, probabilmente attraverso la via della seta, che la portò in Cina e quindi in Giappone. Forse seguendo quelle stesse rotte che portarono uomini e civiltà nell’arcipelago nipponico in epoche remote.
Nel corso dei secoli è stata ulteriormente selezionata per meglio adattarsi al clima umido del Giappone. La buccia spessa la rende resistente a malattie crittogamiche.
Nella zona di Yamanashi viene ancora coltivata utilizzando ampie pergole dette tanatsukuri. A volte i vignaioli montano dei “mantelli” di carta cerata sul picciolo per proteggere i grappoli dall’eccessiva pioggia.
Le caratteristiche del vino prodotto da uve Koshu sono i sentori agrumati, assieme a un’equilibrata acidità e contenuto alcolico.
Muscat Bailey-A
L’altra uva autoctona giapponese è il Muscat Bailey-A. Anche in questo caso si tratta di un ibrido tra vite domestica (vitis vinifera) e vite selvatica (vitis labrusca). Qui però, a differenza del Koshu, l’incrocio avvenne per intervento umano. Zenbei Kawami, tra i fondatori dell’enologia nipponica, sviluppò questo ibrido negli anni ’20, nel tentativo di ottenere un’uva resistente al clima umido del Giappone. Kawami incrociò varietà Bailey con Muscat Hamburg.
Il risultato è un’uva dai sentori fruttati, tipici dei succhi di frutta, utilizzato ampiamente per la produzione di vini dolci. Recentemente alcune cantine giapponesi stanno sperimentando la Muscat Bailey-A per la produzione di vini secchi.
Altri Vitingni
Il recente successo delle produzioni nazionali sta facendo aumentare la superficie vitata e sono state introdotte anche le tipiche varietà internazionali come Merlot, Cabernet, Syrah, Pinot Noir, Chardonnay, Sauvignon Blanc e Kerner.
La Storia del Vino Giapponese
Il Giappone non è sicuramente tra i primi paesi che vengono in mente quando si parla di vino. Eppure rispetto ad altre affermate nazioni vinicole del “nuovo mondo”, produzione e consumo di vino in Giappone non sono poi così recenti.
Alle Origini della Viticultura Nipponica
Nel 718 d.C., il monaco Gyoki ebbe una visione di Buddha che teneva in mano un grappolo d’uva.
Al risveglio decise che avrebbe costruito un tempio per ospitare la statua raffigurante il Buddha della visione, e attorno piantò una vigna. L’uva era utilizzata per scopi medicinali.
Il tempio esiste ancora, è il Daizenji (大善寺), così come la statua del Buddha col grappolo in mano e la vigna, tanto che Daizenji è comunemente chiamato il “tempio dell’uva”.
Siamo nella prefettura di Yamanashi, la zona più importante per la produzione del vino in Giappone.
Missionari Cristiani
Il vino si riaffaccia in Giappone nel 1545 quando giungono dal Portogallo i missionari gesuiti di Francesco Xavier. Tra i preziosi doni che portarono per ingraziarsi i signori feudali giapponesi c’è anche del vino che sicuramente fu molto apprezzato. Ai gesuiti venne infatti permesso di stabilirsi e di compiere la loro opera di evangelizzazione.
I missionari piantarono certamente delle vigne per produrre il vino indispensabile alle funzioni religiose.
Lo Shogunato
Nel 1600 il signore della guerra Tokugawa Ieyasu sale al potere e instaura lo shogunato (governo militare) in Giappone. Il paese viene progressivamente isolato dal resto del mondo, gli stranieri, inclusi i missionari, cacciati. Tutto ciò che di occidentale avevano portato viene eliminato, incluso cristianesimo e vino.
La vite tuttavia non scomparve, e l’uva continuò ad essere molto apprezzata come frutta da tavola per la sua dolcezza.
Giappone Moderno
I Giapponesi tornarono ad assaporare il vino solo dopo il 1853, quando una flotta militare americana forzò l’apertura del paese. Gli scambi commerciali ripresero e il vino tornò a fare la sua comparsa in Giappone, sia come prodotto di importazione che come produzione locale.
Verso la fine dell’800 varie aziende vitivinicole vennero fondate introducendo tecniche e varietà europee.
Dopoguerra
Dopo la devastazione della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone si riaffacciò sulla scena internazionale come potenza economico-industriale verso gli anni ’70. In questo periodo, il grande potere d’acquisto sostenuto da una valuta fortissima permise al Giappone di importare beni di lusso occidentali in grandi quantità, incluso il vino. I viaggi all’estero e le mode fecero il resto, contribuendo a sviluppare quel gusto dei giapponesi per i vini francesi prima, cui si aggiunsero quelli italiani e poi quelli del nuovo mondo.
Sullo sfondo rimase la viticoltura nipponica, finalizzata soprattutto alla produzione di costosissima uva da tavola, e marginalmente a quella di vino.
Nell’immagine un grappolo di uva da tavola venduto singolarmente in un department store di Tokyo. 54.000 yen equivalgono a circa 450 euro.
Oggi
A partire dalla metà degli anni 2000 si è diffusa in tutto il mondo la moda della cucina giapponese. Autentico o imitazione che fosse, il sushi è diventato uno straordinario strumento di promozione di cultura, cibo e bevande nipponiche.
Anche gli stessi giapponesi più esterofili, inorgogliti dal riconoscimento internazionale, hanno incominciato a rivalutare i prodotti nazionali. Vino incluso.
Sono migliorate le tecniche di coltivazione e vinificazione e assieme al Koshu, il principale vitigno autoctono giapponese, sono state introdotte varietà internazionali.
Non è difficile immaginare che prima o poi qualche vino giapponese incominci a classificarsi molto in alto nei concorsi internazionali.
Abbinamenti e Prospettive
Il vino giapponese è pensato per l’abbinamento ai piatti della cucina giapponese. Accanto al pesce crudo di sushi e sashimi ci sono le grassezze di tempura e wagyu, le sapidità e speziature dei brodi, le grigliature di yakitori e yakiniku, i contrasti agrodolci delle salse. Il vino deve quindi essere sufficientemente versatile per adattarsi a complessità e contrasto di sapori.
Per i palati occidentali, abituati ad anni di una moda che esigeva strutture corpose ed esuberanti i vini giapponesi potrebbero risultare troppo leggeri. Ma quando ancora andavano di gran moda i torbatissimi single malt scozzesi chi avrebbe creduto che un giorno i morbidi whisky giapponesi sarebbero diventati così popolari?
イタリア語が少し分かります。大変詳しいと思いました。
日本ワインにとても興味を持たれているんですね。ワイン好きのイタリア人に伝えて広めて下さると嬉しいです。
ども有難うございます!