Kamogawa -加も川- Nizza

Kamogawa si trova in posizione strategica a due passi dalla mitica Promenade des Anglais a Nizza. E’ riportato in più di una guida turistica giapponese sul sud della Francia.
Ci accolgono due cameriere giappones “originali”, non le solite copie asiatiche, una giovane e una anziana che sorride. Inchino appena accennato e dopo l’irasshaimase di rito si rivolgono a noi in francese. La persona che mi accompagna è giapponese e, non parlando francese, si rivolge loro in giapponese. La giovane cameriera in particolare sembra quasi contrariata dalla cosa. Reazione non inconsueta, soprattutto in Francia dove già mi era capitato di notare simili atteggiamenti in alcuni locali di Parigi.
Comunque ci fa accomodare nella sala principale, un rettangolo non troppo lungo e stretto ben arredato. Ci accomodiamo a un tavolo che con mia piacevole sorpresa ha il tipico fornello centrale incassato. Hanno fatto venire parte dell’arredamento direttamente dal Giappone. Dovrebbe essere un buon segno. Penso.
Il mio piacevole stupore svanisce subito non appena mi siedo. Il sotto del tavolo è tutto occupato dal congegno che serve a far andare il fornello incassato in un foro circolare al centro del piano. La larghezza della sala è troppo stretta e non posso arretrare con la sedia senza andare a sbattere contro la seggiola di chi siede al tavolo che mi sta alle spalle. Il tavolo d’altronde non si può muovere perché ancorato al pavimento e così mi trovo in una posizione che ora della fine si rivelerà una tortura mortale con le gambe divaricate e gli spigoli e ruvidi del tavolo puntati sull’interno delle ginocchia. Fortuna che ho i jeans ma chissà quanti collant di signore in gonna hanno fatto una brutta fine sulla ruvidezza di questi tavoli.
Le cameriere ormai sono abituate e con il vitino sottile riescono a passare tra le due seggiole opposte contorcendosi un po’, ma quando passano i clienti più corpulenti sia io che chi mi siede alle spalle dobbiamo schiacciarci ulteriormente contro il tavolo spostando le gambe tutte da una parte o tutte dall’altra.

Il menu offre una varietà di scelta leggermente superiore a quella dei ristoranti nippo-cinesi fatti con lo stampino e inferiore a quella di un ristorante giapponese degno di questo nome. Al di là dei soliti eda-mame con prezzi da gioielleria, l’ovvio sushi e un po’ di yakitori, spiccano i molti piatti fatti per utilizzare il fornello centrale del tavolo, per lo più nabe, shabu-shabu, suki-yaki. I prezzi di questi tuttavia sono improponibili. Si parte da un minimo di 35/40 euro a piatto.

Alla fine ordiniamo un sushi-moriawase, un misterioso ma non troppo teami sushi, un tempura moriawase e due birre kirin in bottiglia in quanto non hanno la spina. Niente nama insomma.

La cameriera non è molto sorridente e nonostante senta parlare me e la mia commensale in giapponese si ostina a rivolgersi alla mia commensale in giapponese e a me, che non parlo francese, in francese. Probabilmente ci tiene a dimostrare quanto è brava.
Dopo venti minuti di attesa non sono arrivate nemmeno le bevande.
Lo facciamo notare alla cameriera anziana che non fa una piega e ci porta le birre. Il cibo però ancora niente.
Prima che arrivi la prima portata passa una buona mezz’ora. Va bene, il ristorante è pieno, ma come attesa è eccessiva. In Giappone sarebbe completamente inammissibile.
Iniziamo con il sushi moriawase e il teami sushi. Il sushi moriawase è il solito mix di maguro, tai (orata), sake (salmone), ecc, più dell’ikura (uova di salmone), ika (seppia). Mmmhh, è la prima espressione che ci sale alla bocca. E la prima considerazione è che il riso non è acidulato ne’ zuccherato ne’ salato, insomma il solito, semplice, banale riso in bianco pressato che in troppi ristoranti in giro per il mondo si ostinano a chiamare il sushi. L’ikura tra l’altro non è nemmeno troppo fresco, con le uova di salmone flaccide e annacquate. Mi viene quasi da sputarle fuori ma mi trattengo.
Con il teami sushi abbiamo la conferma che si tratta di un sushi fatto da striscioline di pesce di colori diversi intrecciate tra di loro. Teami significa proprio intrecciato a mano. E il primo pensiero va proprio alle mani del cuoco e a quanto hanno maneggiato e rigirato quei pezzi di pesce crudo. E incomincio a sospettare che il cuoco non sia giapponese. A un nipponico mai verrebbe in mente di trattare a quel modo la materia prima per il sushi.
In un tempo decente di arriva anche la tempura. Solita verdura e un paio di gamberi. Unta, con pastella spessa e assai poco croccante. C’è poco da dire, è una banale e nemmeno troppo buona frittura.

Prezzo finale 70 euro che non è forse eccessivo anche contando che siamo a Nizza, ma per la qualità di ciò che si è mangiato non è nemmeno poco.

A parte il tavolo da tortura medievale, in generale il ristorante Kamogawa offre un bell’ambiente, diverso da quello dei soliti inflazionati ristoranti giapponesi che si trovano in giro. Pur non avendo chiesto, le cameriere, il menu scritto senza errori e smargiassate, l’arredo, mi fanno ritenere che la proprietà sia nipponica. Il problema credo a questo punto sia il cuoco. Il ristorante non è aperto da molto e forse non sono ancora riusciti a trovare un cuoco giapponese o un cuoco non giapponese ma almeno all’altezza di ciò che il ristorante vorrebbe essere. Per ora il giudizio non è positivo, ma penso che se mai ci sarà l’occasione Kamogawa sia da riprovare tra qualche anno.

Kamogawa
18 Rue de la Buffa
06000 Nice
Tel. 0033 (0)493887588