Con la diffusione del sushi, molti ormai sanno cosa il nori sia, quell’alga in fogli scuri che avvolge i maki e che da diversi anni incomincia anche a vedersi in molti negozi di macrobiotica e in qualche supermercato. Meno conosciuto e meno facilmente reperibile è invece l’aonori.
Si tratta sempre della medesima alga, ma per forma è utilizzo l’aonori differisce parecchio dal nori in “fogli”. L’anori infatti si trova in sbriciolato in piccole e sottili scaglie, e viene spolverato, un po’ come si fa da noi con il formaggio grattugiato, su alcune preparazioni tipiche. Aonori significa letteralmente “nori azzurro”. In realtà il campo semantico che in lingua giapponese ha la parola “ao”(青) la potrebbe tranquillamente far tradurre con un più adeguato verde, nori verde quindi (anche il verde del semaforo in Giapponese si dice ao). Per inciso, già che si parla di traduzioni, il termine nori è invece scritto con gli ideogrammi di “mare” (海) e di “muschio” (苔), il che ci riporta abbastanza chiaramente a come questo tipo di alga si sviluppa. in realtà l’attuale produzione viene fatta facendo sviluppare il nori su degli appositi telai stesi in mare.
L’aonori ha un gusto abbastanza deginito e caratterizzante. Viene spolverato come tocco finale su alcune preparazioni molto saporite come ad esempio il takoyaki, l’okonomiyaki, il yakisoba o il yakiudon, spesso in abbinamento con il kazuo.
In Giappone viene comunemente venduto in vasetti di vetro o in bustine di plastica chiara e lo si trova in qualsiasi supermercato.
In Italia non è di facile reperebilità. Un discreto surrogato può essere realizzato sminuzzando del nori in foglia e triturandolo con un mixer specifico per ingredienti secchi. Un macinacaffé dovrebbe fare al caso.