(Sugi-tama ・杉玉 davanti a un saka-gura・ 酒蔵, la bottega dove si realizza il sake. Realizzate con le foglie fresche di sugi, una sorta di cipresso tipico del Giappone, venivano messe di fronte alla saka-gura quando iniziava il processo di realizzazione del sake. Con la progressiva perdita del bel colore verde del sugi-tama si segnalavano i tempi di realizzazione del sake. Quando la palla di foglie era ormai marrone e secca, significava che il sake era pronto. Oggi sono usate per lo più come decorazione, appese all’ingresso dei luoghi dove si realizza o si vende sake)
Il Sake
Il termine sake, meglio se con l’onorifico “o”, o-sake, in giapponese moderno indica in generale una bevanda alcolica. In particolare tuttavia il sake è molto spesso inteso come quel prodotto che tutti anche in Occidente considerano la bevanda alcolica giapponese per eccellenza, ossia il cosiddetto vino di riso. Molti dissentono sul fatto se il sake possa o meno essere definito “vino di riso”, alcuni puristi anche in modo piuttosto acceso. Tuttavia, il fatto che il sake sia ottenuto dalla fermentazione del riso rende la definizione, per quanto non proprio precisissima ed elegante, non poi così distante da quello che effettivamente il sake è.
La Pronuncia
Prima di tutto sarebbe opportuno fare una breve digressione sulla pronuncia corretta, dettaglio triviale ma non certo trascurabile per un corretto approccio all’argomento. Purtroppo, forse per il passaggio dalla Francia che molti elementi della cultura nipponica hanno compiuto prima di diffondersi nel resto d’Europa, la parola sake viene spesso pronunciata con l’accento sulla “e” finale, un po’ come succede anche con la parola “karate”. Non esiste in giapponese un accento tonico sulle parole tronche, per capirci quello che abbiamo noi su parole come “perché”, “caffè”, ecc, anzi si potrebbe dire che il giapponese non abbia accenti. Pur non essendo ciò vero al 100%, nel pronunciare la parola sake senza accenti particolari e nella maniera più neutra possibile, ci si avvicina parecchio a quella che è la corretta pronuncia. Lo stesso, tra parentesi, vale anche per la parola karate.
Preparazione
La pronuncia l’abbiamo dunque capita, e abbiamo anche capito come il sake venga fatto facendo fermentare il riso. In realtà il procedimento per la realizzazione del sake è molto più complesso. E conoscendo ormai un po’ i giapponesi non potevamo aspettarci niente di meno… Questa complessità è tra l’altro il motivo per cui molti integralisti del sake storcono il naso quando lo si definisce “vino di riso”. Gli elementi fondamentali che concorrono alla realizzazione del sake sono principalmente tre: il riso (kome・米), l’acqua (mizu・水), la tecnica (waza・技). Va da se’ che le zone di produzione dei sake migliori siano quelle dove si produce il riso migliore e dove l’acqua è particolarmente adatta alla sua preparazione. A differenza del nostro vino dove non vi sono (o almeno non dovrebbero esservi) liquidi aggiunti, e la sostanza acquosa è solo quella dell’uva, nella preparazione del sake, l’acqua rappresenta una vera e propria materia prima.
Vediamo dunque, a grandi linee, come viene prodotto il sake. Si tratta naturalmente di indicazioni generali in quanto ogni saka-gura ha i suoi segreti, le sue procedure e le sue metodologie, proprio come accade per la realizzazione dei vini nelle nostre cantine. Riportiamo per completezza il termine giapponese di ogni passaggio. La parola “mai” presente in molti di questi termini, corrispondente all’ideogramma “米” significa “riso”.
Sbramatura e Sbiancatura・Seimai・精米
Si parte dal riso. Il riso per produrre il sake è abbastanza diverso dal riso che viene comunemente usato in cucina. Nel riso da Sake si trova una percentuale di amido superiore rispetto a quello per uso alimentare e un minore quantitativo di oli e fibre che con la fermentazione darebbero sapori e profumi indesiderati.
Tutto il riso sia quello per uso alimentare sia quello per la produzione di sake, subisce una certa raffinazione, un processo in cui viene tolto al chicco una parte degli strati più esterni. Questo processo di raffinazione determina la qualità del riso. Anche in Italia, in base al grado di raffinatura, si ha la classificazione del riso in integrale, raffinato, brillato, ecc. Normalmente in Giappone il riso preparato per essere consumato come riso in bianco, diciamo “da pasto”, subisce una pulitura che elimina circa un 30% del rivestimento esterno del chicco. Il riso che invece viene utilizzato per la preparazione del sake subisce un’ulteriore lavorazione che ne elimina quasi il 60%. I chicchi di riso vengono “limati” e assottigliati a tal punto da farli diventare piccoli granelli tondeggianti. Il processo viene eseguito per eliminare fibre e proteine che non servono alla preparazione, anzi rischierebbero di danneggiare il sapore del sake, e aumentare la percentuale di amido della materia prima, un po’ come si fa con certe uve da vino che vengono fatte appassire per aumentarne il grado zuccherino. È l’amido infatti, uno zucchero complesso, ciò che per mezzo della fermentazione si trasforma in alcool. Come abbiamo già visto, la varietà di riso utilizzato per la preparazione del sake è già di per se’ ricco di amido. Vi sono moltissime varietà di riso da sake, un po’ come i vitigni per il vino, ma quella più utilizzata è il Yamadanishiki (山田錦) e i suoi cloni.
Lavaggio・Senmai・洗米
Il riso ripulito degli strati più esterni per mezzo della brillatura estrema cui è sottoposto nel passaggio precedente viene quindi ripulito dei residui esterni di amido di cui è ricoperto. Un vero e proprio lavaggio effettuato con acqua pura.
Ammollo・Shinshi・浸漬
Il riso così ripulito viene quindi messo in ammollo in acqua. Il chicco di riso assorbe dal 25 al 30 percento di liquido che penetra fino al suo interno. A questo punto è pronto per la fase successiva: la cottura.
(Offerte votive di sake nellle caratteristiche botti presso il tempio di Matuo・松尾大社 a Kyoto. Il tempio scintoista di Matsuo, risalente all’inizio dell’ottavo secolo, è uno dei più antichi del Giappone, sorto in una località dove, grazie anche all’ottima qualità dell’acqua, si sviluppò una delle prime produzione di sake. La tradizione vuole che gli dei che vi si venerano proteggano e favoriscano ancora oggi la produzione della tipica bevanda. In appositi padiglioni nei pressi della struttura centrale, i produttori offrono il loro sake agli dei. Le tipiche botti tradizionali vengono così impilate a formare delle vere e proprie pareti. )
Cottura al Vapore・Mushimai・蒸米
La cottura del riso per la preparazione del sake avviene per mezzo del vapore. Il riso, viene sistemato su degli appositi contenitori posizionati su una fonte di vapore a 100°. Il tempo di cottura può durare dai 30 ai 60 minuti a seconda di una molteplicità di fattori.
Raffreddamento・Hourei・法令
La fase successiva è quella di raffreddamento. E qui le cose incominciano a complicarsi un poco in quanto non tutto il riso verrà utilizzato allo stesso modo. La materia prima uscita dalla fase di cottura viene quindi divisa in parti a seconda dell’uso che se ne farà nei successivi processi che concorrono alla preparazione del sake.
Kōji・麹
Per ben comprendere le caratteristiche del sake e la sua sostanziale differenza rispetto alle altre bevande, vino e birra principalmente, bisogna fare una piccola digressione sulla fermentazione.
La fermentazione è quel processo per cui lo zucchero, per mezzo dell’azione di alcuni organismi microscopici, i lieviti, viene trasformato in alcol, anidride carbonica e calore.
I lieviti riescono a “nutrirsi” dello zucchero solo se questo è nella sua forma più semplice. L’uva contiene naturalmente grandi quantità di glucosio il più importante tra gli zuccheri semplici, per cui la fermentazione del mosto, nella realizzazione del vino, avviene in maniera piuttosto immediata.
Oltre al glucosio, che abbiamo detto è uno zucchero semplice, esistono degli zuccheri complessi, formati da più molecole combinate assieme a formare delle catene. Uno degli zuccheri complessi più importanti è l’amido contenuto in molti semi e prodotti alimentari quali grano, orzo, patate, ai quali serve come riserva di energia per la loro futura germinazione.
L’amido di per se’ è infermentescibile. Ciò significa che i lieviti non se ne possono nutrire per trasformarlo in alcol.
Nella birra, che viene prodotta con l’orzo, questo ostacolo viene aggirato trasformando l’orzo in malto. Mettendo in ammollo l’orzo integrale, si fa “credere” al seme che sia giunto il momento di germinare e che sia quindi necessario avere a disposizione l’energia fornita dall’amido trasformandolo in uno zucchero più semplice che possa così facilmente essere impiegato nei processi metabolici del seme. Con l’immersione in acqua, alcune sostanze contenute nel rivestimento esterno del seme, degli enzimi, penetrano nell’amido, scomponendo le catene di molecole che lo compongono in uno zucchero più semplice, il malto. E’ quindi il malto che potrà essere poi consumato dal lievito durante la fermentazione e trasformato in alcol.
Al riso che viene utilizzato per la preparazione del sake, abbiamo però visto che viene eliminato completamente il rivestimento e quindi quegli enzimi propri dei semi che servono a trasformare l’amido infermentescibile in una sostanza più semplice che possa essere consumato dai lieviti. Alla fine della cottura a vapore, l’amido del riso è ancora amido e la fermentazione non può quindi iniziare.
Per ovviare a questo si ricorre al kōji(麹), o aspergillus oryzae, una muffa appartenente a una famiglia di funghi microscopici tra cui figurano anche varietà che possono causare gravi malattie nell’uomo.
L’aspergillus oryzae però, lungi dall’essere pericoloso per l’uomo, ha una fondamentale proprietà in quanto è in grado di scindere l’amido contenuto all’interno del riso rendendolo uno zucchero più semplice di cui i lieviti si possono nutrire, trasformandolo in alcol e quindi in sake.
Le spore di kōji (麹菌・kōji kin) vengono cosparse su una parte del riso che è stato suddiviso in fase di raffreddamento. Il riso così inoculato viene quindi lasciato in un ambiente umido in modo che il kōji si sviluppi. Si può dire che il riso venga letteralmetne fatto ammuffire. Per essere sicuri che i processo avvenga in maniera uniforme, ogni due ore circa il riso viene rigirato. Il riso così trattato, prende lui stesso il nome di kōji.
Inutile dire che questa è una delle fasi più importanti e delicate nella preparazione del sake. La scelta di una delle numerose varietà di kōji, il quantitativo che ne viene utilizzato, i tempi di propagazione, sono tutti determinanti nella qualità di sake che si andrà ad ottenere.
Moto・酛
Ci siamo dilungati un po’, ma era importante capire la sostanziale differenza nella preparazione del sake rispetto alle più conosciute bevande alcoliche.
Possiamo dungue passare alla fase successiva, quella della fermentazione vera e propria che per il sake avviene in più fasi successive.
La prima fase consiste nel preparare un “impasto” di base al quale, in fasi successive verrà aggiunto altro riso fino al completamento della fermentazione.
Al kōji (riso in cui si è sviluppato l’aspergyllus orizae) viene aggiunta acqua, una parte del riso cotto e raffreddato e il lievito che darà il via alla fermentazione. La base del sake, questo il termine con cui potrebbe tradursi moto, viene lasciata fermentare per una decina di giorni. Il moto, viene anche chiamato shubo (酒母), letteralmente, madre del sake.
Moromi・醪
Quando il moto, o shubo, ossia la base di fermentazione del riso, è pronto, gli viene aggiunto in tre fasi successive nuovo riso cotto a vapore, acqua e altro kōji per completare la fermentazione.
Per il sake si parla di fermentazione multipla e parallela in quanto da questo momento in poi, l’azione dell’aspergyllus orizae per scomporre l’amido in zuccheri semplici e dei lieviti per trasformare lo zucchero in alcool, avviene non in fasi distinte, ma contemporaneamente.
L’aggiunta in fasi successive del riso avviene nell’arco di tre giorni, e permette al lievito di svilupparsi in maniera progressiva con l’aumento del volume complessivo di riso. Nella preparazione tradizionale, due addetti mescolano, con un particolare movimento, l’impasto con l’ausilio di speciali spatole dai manici lunghissimi.
Alla fine di questo processo, la massa ottenuta viene lasciata a fermentare. La fermentazione avviene a temperature molto più basse rispetto a quelle che si hanno normalmente per il vino, fin’anche a 10°. L’intera fermentazione richiede circa dalle 2 alle 6 settimane. In questa fase la fermentazione, con la produzione di anidride carbonica, causa la produzione di schiuma che deve essere “rotta” con apposite operazioni.
A differenza della normale fermentazione che avviene per birra e vino dove è difficile raggiungere gradazioni alcoliche superiori al 18% di alcol, con il particolare procedimento di fermentazione del sake si possono raggiungere gradazioni alcoliche anche superiori al 20%.
Filtraggio・Jouso・上槽
Completata la fermentazione il sake viene estratto tramite filtraggi successivi. In passato si utilizzavano delle sacche di tessuto a maglie via via più fini. Oggi si usano delle più moderne presse a celle filtranti.
Alla fine del filtraggio si ottiene sake da un lato, e dall’altro il kasu (粕), una pasta friabile costituita dai residui del riso che può essere utilizzata nella preparazione di alcuni piatti molto gustosi.
Pastorizzazione・Hiire・火入れ
Il sake ottenuto con il filtraggio viene quindi lasciato riposare in modo che ulteriori sospensioni si depositino e quindi stabilizzato con una pastorizzazione delicata con temperature attorno ai 60°.
Imbottigliamento・Taruzume・樽詰め
Le ultime fasi nella produzione del sake sono costituite da un possibile allungamento con acqua del sake grezzo in modo da portarlo alla gradazione voluta, ulteriori filtraggi e creazione di blend per ottenere la migliore armonia al gusto.
Terminate queste operazioni il sake, dopo un più o meno lungo periodo di affinamento può essere imbottigliato e finalmente bevuto.