Ume è una sorta di prugna, ingrediente di alcune preparazioni fondamentali della cucina giapponese come umeboshi (梅干し) e umeshu (梅酒).
Il primo è una specie di sottaceto fatto con l’ume, una di quelle cose che non mancano mai nella valigia di un giapponese in viaggio all’estero, per vacanza o lavoro. È ciò che insieme al miso-shiru gli dà un po’ di conforto nei momenti di nostalgia. Il secondo è un liquore dolce e aromatico che si consuma spesso a fine pasto.
A guardarlo bene, il frutto dell’ume appare come uno strano ibrido. Ha la forma di una piccola prugna o susina, la rada peluria sulla buccia tipica di un’albicocca e il nocciolo bucherellato che ricorda quello delle pesche. L’ume si raccoglie ancora acerbo intorno a giugno, poco prima che inizi la maturazione, e si lavora e conserva in vari modi.
Il Fiore di Ume
L’albero e il fiore di ume sono importantissimi per la cultura giapponese. Secondi solo al mitico ciliegio, il sakura. L’albero di ume è il primo a fiorire portando un anticipo di primavera già a metà-fine gennaio. A dir la verità non sono facili da distinguere ume e sakura, se non per la differente epoca di fioritura e il margine dei petali che nel ciliegio è diviso in due lobi mentre nell’ume è uniforme. Alberelli e bonsai di ume vengono portati in casa a fine dicembre. Se, grazie al tepore interno, fioriscono a capodanno è un buon auspicio per il nuovo anno. A seconda della varietà i colori vanno dal bianco al rosso con tutte le sfumature intermedie.
Sugaware Michizane
Il fiore di ume, a cinque petali, è il simbolo di Sugawara Michizane, personaggio del medioevo giapponese. Vittima di intrighi di palazzo all’interno della corte imperiale di Kyoto, finì esiliato in Kyushu. La leggenda racconta che, mentre era in esilio, dai giardini di Kyoto gli giunsero trasportati dal vento, alcuni fiori dei suoi amatissimi ume. Dopo la morte venne divinizzato in Tenjin Sama e venerato in particolari templi chiamati Tenmangu nei cui giardini crescono piante di ume. Se ne trovano in tutto il Giappone. È il dio dell’intelligenza e protettore degli studenti che a lui chiedono la grazia prima degli esami importanti.
Il simbolo dei templi Tenmangu dedicati alla divinità Tenjin Sama, è un kamon (insegna nobiliare giapponese) che raffigura un fiore di ume stilizzato.
Il Frutto
Fiorendo alla fine dell’inverno, i frutti sono già grossi intorno a giugno quando si raccolgono ancora acerbi per essere lavorati. Non ne ho mai visto uno veramente maturo. A volte, se stanno troppo sul banco del supermercato, tendono a virare al giallo o al rosso aranciato. Alcuni giapponesi affermano di averne visti di maturi ma che anche quando hanno ormai preso un bel colore rimangono comunque allappanti e immangiabili.
Un fruttivendolo del mercato di Kuromon, i cui banchi a giugno si riempiono di meravigliosi Nanko-ume (南高), la varietà più pregiata coltivata a Wakayama, mi disse una volta che l’usanza di raccoglierli acerbi si diffuse a causa dello tsuyu, il monsone che colpisce l’arcipelago nipponico tra primavera ed estate. Per non perdere il raccolto a causa delle forti piogge, nacque l’abitudine di cogliere gli ume ancora acerbi e si svilupparono metodi per conservarli e poterli consumare. Altrove si legge invece che fu introdotto, assieme alle ricette per conservarlo, dalla Cina con buddhismo, ideogrammi e molte altre cose. Ad ogni modo gli ideogrammi che indicano la stagione delle piogge in Giappone, tsuyu (梅雨), sono proprio quelli di ume (梅) e di pioggia (雨).
Maturi o non maturi, gli ume freschi saranno pure immangiabili ma hanno un profumo fragrante e inebriante che ricorda vagamente, molto vagamente, giusto per dare un’idea, quello della mela verde.
Umeboshi (梅干し) – ume in salamoia
I frutti, appena diventati gialli (ma comunque acerbi) vengono messi in salamoia con abbondante sale e foglie di shiso rosso. Al termine del processo assumono un colore rosso violaceo e si trasformano in umeoboshi, probabilmente la cosa più immangiabile di tutta la cucina giapponese. Hanno un sapore aspro, salato e allappante al tempo stesso. Fanno forse eccezione quelle di Wakayama, nelle cui preparazione rientra anche il miele e hanno decisamente un gusto più dolce e affrontabile.
Di umeboshi ce ne sono infinite varianti regionali e anche famigliari. C’è ancora chi lo prepara in casa, anche se sono sempre meno.
Si mangia come accompagnamento del riso in bianco. Messo nel bento si dice che aiuti a conservarlo più a lungo. Si usa per preparare salse per condire la carne, si mette nello shochu(焼酎 – distillato giapponese) assieme ad acqua calda in una sorta di strano cocktail. Si trova anche come gusto di gomme da masticare e caramelle. È un ingrediente così importante della cucina giapponese che merita probabilmente una trattazione a sè in futuro.
Umeshu (梅酒) – il liquore di ume
L’altro importantissimo utilizzo degli ume è nella preparazione dell’umeshu, ossia il liquore di ume. I frutti ancora verdi vengono lavati, asciugati e messi a macerare alcuni mesi in alcool e zucchero, proprio come da noi si fa per il nocino o il limoncello. L’umeshu conserva tutto il profumo degli ume freschi, e, allungato con acqua fredda e ghiaccio, è una dissetante bevanda estiva.