Hosokawa, come per altro il Kobe House, segnalato sulla maggiorparte delle guide giapponesi su Amsterdam. Si trova nella poplare e centrale area di Leideseplein, adue passi dall’Holland Casino e dalla zona dei musei. Proprio di fronte vi è un altroristorante “giapponese” di Amsterdam: Wagamama, con il qualetuttavia, data la differenza di livello, Hosokawa non è affattoin competizione. Hosokawa è infatti principalmente un sushi barvecchio stampo, dove il cliente si siede al bancone e chiede allo chefdi preparargli i vari nigiri.In realtà c’è anche una sala ristorante piuttosto ampiaconnessa al sushi-bar, ma i due ambienti restano abbastanzaindipendenti e anche i menu sono diversi, anchese poi si possono fare ordini “incrociati”.
Il sushi shokunin è il signor Hosokawa in persona, tipico giapponese di mezza età, piuttosto alto, secco e leggermente arcuato nella figura.
Al bancone dove ci sediamo, qualche posto più in là, c’è un cliente giapponese. Da come conversa amabilmente con lo chef dev’essere un cliente affezionato, probabilmente un dipendente di una delle molte multinazionali giapponesi che, grazie al ben noto regime fiscale, hanno sede in Olanda.
Dal semplice menu in carta stampato al computer e incollato su cartoncini colorati, ordiniamo due sushi set B.
Bisogna dire che il signor Hosokawa, forse per la lunga permanenza in Europa, ha assunto ritmi decisamente rilassati. Sebbene oltre a noi e all’avventore giapponese che comunque ha praticamente finito il suo pasto, ci siano solo altre tre clienti, a preparare i nostri set ci mette una buona mezz’ora. Sarà che è tutto preso dalla conversazione con il suo cliente affezionato. L’argomento è la guida Michelin, per la quale Hosokawa è da un po’ che non partecipa. Quest’anno comunque, dice il nostro cuoco, ha intenzione di presentare nuovamente domanda di ammissione. Parlano dell’imperscrutabilità del metodo con cui vengono assegnate le stelle. Il nostro avventore, un tipo otaku quarantenne che si entusiasma come un bambino mostrando il suo nuovo smart phone, a quante pare è un buongustaio che ha frequentato vari ristoranti stellati d’Europa, soprattutto a Parigi, dei quali tuttavia non è sempre stato soddisfatto.
Parlano di dove il signor Hosokawa acquista le verdure giapponesi ad Amsterdam. Apparentemente sono due i suoi negozi di fiducia, che purtroppo non riesco a cogliere (ad Amsterdam comunque, nei numerosi supermercati bio, oltre al daikon, si trova facilmente anche il raro, in Occidente, gobō). Gli piace parlare al signor Hosokawa, e proprio mentre prepara il nostro sushi. Il che non è proprio una bella cosa quando si maneggia del pesce crudo. Ricordo sempre i volti impassibili e le poche, pochissime parole, per lo più conferme di ordini, dei cuochi di sushi dietro i banconi dei ristoranti in Giappone, anche nei più infimi kaiten-zushi.
La cosa che mi lascia ancora più perplesso è la disinvoltura con cui Hosokawa-san maneggia l’ambiente che lo circonda: si sistema la bustina da cuoco, si asciuga la bocca col dorso della mano, sistema il volume dello stereo che tramette grandi classici nipponici, apre e chiude le ante della bella parete a scomparti in legno chiaro che ha alle sue spalle per prendere del nori. E ovviamente maneggia il riso con cui prepara il nostro sushi. Impasta, rimuove, pulisce il riso in eccesso, lo ributta dento il contenitore, con gesti che ricordano quelli di un muratore con la malta. Tra l’altro a un dito ha un cerotto. A un certo punto gli cade anche il coperchio del contenitore dove tiene il sushi-gohan. Impreca un attimo e poi lo tira su e lo appoggia affianco al contenitore. Non sopra per fortuna, anche se per un attimo sembrerebbe quasi essere tentato.
Mah… Saranno gli standard locali di igiene alimentare ad avere influenzato la disinvoltura del signor Hosokawa, ma a me sta cosa non convince del tutto.
Il nostro sushi comunque alla fine arriva. Abbiamo un nigiri di salmone (sake), uno di totano (ika), uno di maguro e tre california-roll.
Il riso ha un sapore decisamente corretto. Chicco tondo, gusto giustamente neutro, potrebbe essere anche riso giapponese. Giusto bilanciamento con l’acidità dell’aceto, il sale e lo zucchero. Leggero ma corretto.
Consistenza del nigiri coretta. Potrebbe essere un po’ più morbido ma anche così non c’è male.
Pezzi di pesce abbastanza grossi e spessi che si dispongono con abbondanza sul nigiri. In generale si presenta bene. Il pesce ha una consistenza corposa e un sapore delicato. Totano e salmone sono molto buoni, pastosi e cremosi al punto giusto.
Il california-roll, fatto ad ura-maki, sono tre rotolini con avogado, cetriolo e un pezzo di tristissimo surimi (d’altronde devono pure fare un po’ di margini sti ristoranti…), sormontati, giusto per dargli un tocco di ricchezza che non ha, da un po’ di uova rosse di pesce finto ikura. Nel complesso il sapore è comunque gradevole.
Accompagnamo il tutto con le solite brave Heineken. Col suo gusto leggero è perfetta per il sushi.
Finito il nostro set B ci facciamo portare dalla simpatica cameriera, probabilmente sud americana o del sud-est asiatico, il menu dell’altra sala che però offre solo costosissimi set da non meno di 30/35 euro l’uno.
Optiamo allora per qualche altro nigiri di sushi: maguro, di nuovo ika, hamachi e un tekka-maki. Questa volta il signor Hosokawa è più rapido.
L’hamachi sorprende, non solo perché è un bel pezzo fresco e molto buono, ma anche perché è la prima volta che lo vedo a un banco di sushi occidentale.
Ika, più spesso di quello che abbiamo avuto nel set, è seppia questa volta, buono ma un po’ troppo morbido (sospetto decongelamento).
Il tonno del tekka-maki invece ha un non troppo gradevole sentore di freschino (come si dice dalle nostre parti), cosa non eccessivamente inusuale anche nei sushi bar in Giappone, ma non per questo meno sgradevole.
Il conto finale è di 56,90 euro, che non è tantissimo per gli standard di Amsterdam. Il ristorante comunque, anche per l’ambiente elegante e raffinato, ha un posizionamento in fascia medio-alta.
In generale la correttezza di ingredienti e preparazione c’è. In Giappone sarebbe un ristorante di livello mediocre, come ce ne sono tanti, il che lo rende più che ottimo per i livelli occidentali.
L’unica cosa che mi ha dato di che lamentarmi, oltre al tempo di attesa, è stata la disinvoltura nel maneggiare gli ingredienti da parte di Hosokawa-san. Disinvoltura che sono abbastanza sicuro essere stata responsabile di un bruttissimo quarto d’ora il giorno dopo, alla disperata ricerca di un bagno nelle campagne disseminate di antichi mulini a vento fuori Rotterdam. La persona che mi accompagnava, più sensibile di me, mi ha confessato di avere avuto problemi analoghi la sera stessa della cena. Il che mi conferma la necessità del signor Hosogawa di usare la nipponicità che mette nel gusto e sapore dei suoi piatti, anche nelle regole di maneggiamento delle materie prime crude.
Hosokawa
Max Eweplein 22
1017 MB Amsterdam
+31 (0)20 6388086
www.hosokawa.nl